di Emma www.milanovalencia.wordpress.com
già pubblicato su www.libmagazine.eu
Mantenere le promesse. Ogni promessa è un debito. Luoghi comuni? Molto di più. Manovre finanziarie. Con la detassazione gli straordinari avranno un valore pari alle tredicesime. Immaginiamo un operaio che sia riuscito a raggiungere la soglia della dignità, portando a casa i milleduecento euro e rotti. Il suo “premio” potrebbe gratificarlo del 30%. Chiunque direbbe sulla carta: ottimo. Gli imprenditori applaudono. Dovremmo preoccuparci. Se applaudono loro la fregatura è dietro l’angolo, hanno senz’altro già pronta qualcosa che possa giovare alle loro tasche. Sosteniamo la ripresa dei consumi, si grida da ogni dove. Certamente più soldi abbiamo più il trend della spesa familiare aumenta, i consumi non sarebbero così rachitici come si sono dimostrati negli ultimi tempi. Peccato che sia salita la benzina e tutto il resto e questa sembri quasi una elemosina rispetto all’aumento del costo della vita negli ultimi anni. Sin dal disegno di legge presentato l’anno scorso, si delineava la possibilità di escludere dall’imposizione fiscale questi redditi, o al massimo di fissare una aliquota fissa all’11.5%, non facendoli comunque concorrere nel reddito complessivo, che rimarrebbe quindi invariato dal punto di vista aliquota, e nemmeno nella contribuzione previdenziale. Soldi puliti quindi, senza nessuno che possa contestarli e tassarli. Serpeggia l’ombra dell’evasione o comunque del mascheramento dei redditi. E poi quanto costerebbe questa manovra? Perché di manovra si tratta. Certo la Francia insegna. Loro hanno portato le ore settimanali ad un minimo accettabile e detassando gli straordinari riescono a premiare i loro zelanti lavoratori disposti a fare di più, a dare di più. I costi di quest’operazione sono inconoscibili. Si crede in compenso che crescita dei redditi e gettiti favorisca l’emersione del sommerso. La connessione mi risulta difficile. Risorse extra per l’agenzia delle entrate comunque. L’extra gettito utilizzato per questo e quello. Tesoretti che virtualmente si materializzano e vanno a compensare i buchi delle pensioni e la pressione fiscale che stritola tutto, trascinandoci in fondo all’Europa. Secondo alcuni il gioco non varrebbe la candela. Costerebbe alle casse pubbliche più del beneficio che produrrebbe. Costerebbe 4,1 mld e ne darebbe 3,78. E se detassando si dicesse agli imprenditori di contribuire in compenso alla sicurezza sui posti di lavoro? Magari. In ogni caso cerchiamo di ipotizzare le canoniche 40 ore settimanali, più o meno comuni alla maggior parte dei contratti collettivi di lavoro. Ci hanno insegnato i filosofi che la qualità del lavoro si misura anche valutando il tempo d’ozio. Favorire l’uso degli straordinari diminuirebbe la qualità della vita. Ma se un lavoratore desidera farlo lo faccia pure. Lo fa anche adesso, certo. Settimane di 50 ore. A parità di ore straordinarie fatte dal lavoratore, che le fa anche adesso è chiaro, il guadagno è palese, ma chi ci guadagna anche? La sua impresa: con gli stessi danari paga più ore di lavoro ai suoi dipendenti e viene quindi incentivata, diciamolo senza alcun infingimento, a non assumere. Pochi ma buoni insomma. I suoi dipendenti che rimangono oltre, per avere più soldi in tasca e più figli soli. Ma c’è di più. La riforma della famosa legge 549/95 si scontra con un solidissimo principio costituzionale del limite giornaliero dell’orario di lavoro. La Costituzione può essere cambiata, certo. Anche fatta a pezzettini. Su questi temi si tace. Eppure su questo si negozia tutti gli anni nei rinnovi dei contratti collettivi. Su questo e sulla organizzazione produttiva. Sulle esigenze dei lavoratori e sulla precarizzazione elevata che li sta infilando nei call center. Ma tutte le aziende chiedono flessibilità. Si chiede al lavoratore di flettersi e di produrre. I sindacati temono dal canto loro che queste personalizzazioni dei redditi individuali possano sminuire le loro battaglie collettive. La capacità delle parti di influenzare la società, con quello che gli anglosassoni chiamano il «bargaining power», verrebbe sminuita. Ma da quanto tempo i sindacati fanno sentire la voce dei lavoratori sui tavoli di trattativa? Da quanto tempo invece è il singolo lavoratore che combatte nella sua individualità e si costruisce il trattamento economico con il sudore dei suoi straordinari? Certo mantenere equa la prestazione giornaliera resta un principio ineludibile, connessa com’è alla salute, al rendimento, alle capacità, alle libertà dei singoli. Dove si andrebbe a finire se questo venisse calpestato o comunque eluso da superprestazioni individuali? Nelle aziende si tiene chi è disposto a produrre senza recriminare. Chi è disposto a viaggiare e mollare tutto per il bene del profitto che non vedrà nemmeno col cannocchiale. E la parità di retribuzione allo stesso livello? Possibile si consideri del tutto legittimo considerare più produttivo e meritevole un lavoratore senza legami familiari o con la voglia di arrivare e farsi notare? I curricula più strampalati insegnano. Disposti a tutto, ambiziosi. Gli uomini. Non interessate alla maternità. Le donne. Ecco, le donne. Veniamo all’ultimo, importante punto dell’analisi. Quante donne fanno straordinari? Meno degli uomini. Molte meno. Possibile non sia chiara la discriminazione indiretta, contraria alla normativa comunitaria oltre che al buon senso, derivante dalla detassazione? Abbiamo fiducia che il Ministro per le pari opportunità rifletta su questi temi e faccia riflettere i suoi colleghi. O forse i suoi straordinari sono stati già detassati? Malizia a parte, anche nei film di Sergio Leone il dollaro contava. Non si potevano mica lasciare i nemici coi dollari in tasca! Il Monco diceva:“Intasco i dollari della taglia, mi compro un buon ranch e mi ritiro”. Dead or alive.
Emma
Nessun commento:
Posta un commento