sabato 3 gennaio 2009

Thanks God



Il nove è sempre stato migliore dell’otto.
A scuola come nella numerologia, multiplo di tre, appena un numero sotto al dieci, tondo.
La sua curva resta aperta, per permettere di entrare, per dare un senso all’esterno.
Per dargli voce.
Rassicurati. Necessitiamo di esserlo. In un terrore serpeggiante, creato ad arte.
Sotto ai botti di capodanno, mentre si muore sul balcone e i ragazzini maneggiano le pistole come fossero playstations.
Milano stamattina non rispondeva. Conservava la neve della notte del trapasso e taceva.
Il massimo possa concedersi per tacere è sbuffare, eppure taceva, si lasciava scivolare.
E uscire dal letto, rotolare in cucina per la gatta e dare un senso al proprio volto allo specchio per poi scappare nella penombra del giorno che nasce, è parso un sacrilegio.
Paura di ricominciare tutto, di aver perso la pazienza, di doverla trovare per sopravvivere.
E il sole ha deciso di stare a casa, di non venire.
E il caffè sa della stessa cicoria dell’anno scorso.
Certe cose non cambiano. Certe altre debbono farlo per forza o gli acciacchi del tempo ci stenderanno al suolo.
Ma per fortuna è già venerdi.

Emma

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