di Alfio Maria Fiamingo
Non è importante quanto un'idea riesca ad avere diffusione nel pensiero comune, nella sua immediatezza.
Ma quanto riesca ad incidere, realmente, nel tempo, a prescindere da quanto ne occorra perché sia condivisa ed accettata.
Un'idea è già forte, e ci si crede quanto più è nella coscienza di chi prova a sostenerne il valore, nel momento stesso in cui nasce nel pensiero di chi la propone.
Forse è anche questo, un po', il bello di internet. C'è una data per molte delle cose della vita; e, su un blog, le date restano.
Ci sono idee che avranno una loro data, prima o poi; e altre che avranno accompagnato, invece, soltanto un tratto della nostra vita, comunque arricchendola del senso che abbiamo ritenuto avessero.
Non è difficile provare a comprendere.
Basta avere una mente aperta e libera.
E idee che sappiano proporsi, nel rispetto delle tante, come altre dal coro di chi resta ad inseguire le mode.
Provarsi a chiedere "E se invece?", può essere un esercizio utile per crescere nell'unico confronto che vale davvero la pena di avere, quello di tutti i giorni con se stessi.
Perché gli altri si ascoltano, ma si gareggia con quel che si prova a capire di sé, fuori da false competizioni e personalismi vuoti di significato.
Anche nel futuro avrà più valore non già il numero, ma la qualità dei numeri; e, in questo, conterà in misura decisiva, anche in proiezione della stessa esistenza di una editoria sul web.
Perché non avrà peso la quantità dei flussi, ma la permanenza di lettura e di visione dei contenuti proposti.
Oggi è ancora un tempo per immaginare, e per la riflessione. Nell'immediato, poi, sarà invece un tempo per nuovi assetti ed equilibri... crolleranno alcune delle certezze alle quali continuano ad accostarsi taluni, troveranno espressione forme di comunicazione che non è difficile immaginare sin da adesso. Basta saper guardarsi attorno e, soprattutto, saper guardare altrove che dinanzi a sé.
Se vediamo cosa accade ai grandi gruppi editoriali - carta stampata e multimedia - una cosa appare nella sua evidenza: il persistere di una concezione del rapporto tra chi fa informazione e chi ne fruisce, ancorata al vecchio concetto di distinzione tra chi dà la notizia, o offre il suo commento, e coloro che ne sono i destinatari. Sulla rete, da questo punto di osservazione, succede ancora che i grandi gruppi editoriali si muovano su questa vecchia linea, pur provando a mimetizzarla con la possibilità di commentare, di scrivere una mail, di segnalare l'articolo o il video o il link a cui si fa riferimento.
Manca, in realtà, l'essenza del nuovo offerto dalla comunicazione in rete: l'interazione, l'analisi condivisa; e il dialogo, lo scambio di visuale che dovrebbe conseguirne. Il sito web di un quotidiano o di un periodico persiste nell'impostazione di sempre, che è tipica della carta stampata; così nel caso delle televisioni, con la loro staticità d'origine, legata alla natura stessa del mezzo, che impedisce qualsiasi forma di partecipazione.
Si parla di linea editoriale riferendosi a cosa è accaduto e continua ad accadere nel percorso da un senso all'altro che ha caratterizzato, da sempre, il modo di informare; e questo avviene anche in rete, nella concezione, che è poi la loro visione delle cose, dei grandi gruppi editoriali: senza che ci siano quei mutamenti obbligati che la diversa tipologia del mezzo presuppone come essenziali.
Personalmente non condivido l'idea di chi si oppone a un finanziamento pubblico all'editoria e ne ho scritto altre volte i motivi; quello più importante credo sia il non esporre gli editori puri alla tentazione di farsi interpreti di interessi privati e particolari, in contrasto con il loro libero pensare e con il credere o meno in specifiche loro idee; e, un po', anche con quella che dovrebbe essere una corrispondenza obiettiva tra la realtà e cosa se ne riferisce. In Italia, ma è così un po' dovunque, mancano gli editori puri o sono pochi... quei pochi, poi, spesso non riescono a restare indipendenti dai gruppi maggiori, se non con grandi sforzi e non a lungo. Non c'è giornale che non abbia bisogno d'aiuti economici e non serve dirlo tra queste righe, perché anche i più tenaci nel manifestare la loro indipendenza hanno accettato, in un passato non lontano, i contributi di gruppi industriali con i quali erano e sono persino in contrasto.
Questa è la linea che è stata tracciata da stampa e tv, per il loro stesso essere nell'impossibilità di interagire con i destinatari del prodotto informazione.
Cosa offre la rete.
I quotidiani e le riviste che esistono da più di cent'anni hanno trovato il loro spazio nell'assenza di altri concorrenti; e si sono legati al territorio, a volte creando un feeling con i lettori che ha permesso il loro espandersi su aree sempre maggiori, anche a livello nazionale, per la credibilità e l'autorevolezza che hanno saputo mostrare di avere e per le firme che hanno caratterizzato le loro pagine; per il loro riuscire ad essere presenti nella notizia. Nel dopoguerra, sul vuoto che è tipico dei periodi post bellici, e sulle nuove e più diffuse richieste di informazione e di sapere, hanno trovato un loro spazio altri quotidiani e riviste, alcuni vincendo sul territorio di apparteneza la sfida con altre testate, che è propria della fase di avvio di qualcosa. Così raccontano i giornalisti che hanno vissuto quegli anni, nel ricordarne. Ed è accaduto più volte, e un po' dappertutto, che ci siano state alternative che spesso hanno fallito nel loro proporsi, senza poter rappresentare quella pluralità che è la base stessa delle condizioni pratiche di una democrazia. Il costo di un prodotto editoriale, cartaceo o televisivo, è difficile da sostenere, nonostante i contributi dello Stato e gli introiti della pubblicità: impianti di stampa, incidenza proibitiva della carta, spese per la distribuzione, compensi alle edicole; impianti di trasmissione, antenne, ponti di ripetizione del segnale, studi televisivi, attrezzature tecniche...
Se chiedessimo a un gruppo di giornalisti, che ha provato a costruire un prodotto editoriale nel prossimo passato, quale tra le cause del mancato affermarsi della loro iniziativa ha inciso di più nella loro decisione di abbandonarla, sicuramente metterebbero al primo posto l'insostenibilità economica della stessa.
La realizzazione di un prodotto editoriale in rete non ha, invece, i costi di una struttura rigida, anche con riferimento ai tecnici e a coloro che sono di supporto all'attività: non occorre una sede che abbia una superficie ampia, ciascuno può collaborare da una postazione qualsiasi e, in particolare, da una qualsiasi parte del mondo; i costi di segreteria e di amministrazione sono decentrati, come avviene anche in altri settori; la copertura delle diverse aree non ha bisogno di spostamenti e delle risorse destinate a quegli spostamenti; i mezzi tecnici occorrenti non richiedono una spesa neanche lontanamente paragonabile a quella che sostengono gli attuali network.
Si aprono nuovi spazi di pluralità e di libertà. Nuove strade alla concorrenza, secondo me illimitate anche nel tempo, perché, in quest'ottica, chi saprà arrivare a leggere il futuro, non arriverà mai tardi, se affiderà il motivo dell'esistenza di una voce, tra le varie, a qualcosa che sarà legato a una sua originalità propria.
Cambia il senso, da univoco a condiviso. Ed è come rovesciare la superficie di qualcosa, si scopre un'infinità di variabili che prima non avevano la possibilità di trovare espressione in concreto.
Già alcuni esperimenti di aggregazione in rete trovano il loro riscontro e, in prospettiva, anche a guardarci appena dietro, anche i blog, forse, apparterranno a un ricordo, intesi come mezzo di informazione e di scambio di idee; non invece nel senso del desiderio di ciascuno di mettere in relazione il proprio pensare con quello di chi vorrà dialogarne, su quei pensieri.
A volare sopra il deserto si scopre quanto sia piccolo il mondo, rispetto al web; quanto il dolore o la felicità siano vicini; quanto non abbia senso restare imprigionati in una stortura di diversità che la mancanza di immediatezza ha lasciato che attecchisse nel modo di percepire che ci ha accompagnato finora. Eppure in molti, a proposito di grandi gruppi editoriali, non se ne sono accorti. E se andiamo a visitare le pagine web di un quotidiano importante o di una rivista che abbia un nome legato agli anni della nostra storia, troviamo lo stesso tipo di impostazione intrecciato con gli stessi anni che hanno visto il loro acquisire posizioni in passato, privo della lettura del nuovo, che già ora apre itinerari senza limite di sviluppo da seguire.
Quando la tv - nonostante le opportunità del digitale siano ancora da cogliere [ne ho scritto in altri post] e, per come vanno le cose, forse non verranno mai colte, tanto veloce è il muoversi della diffusione delle nuove tecnologie e della loro accessibilità - viaggerà soltanto in rete; quando i quotidiani non saranno più in edicola, ma solo on-line; e continueranno ad esistere su carta stampata solo i periodici di approfondimento e i libri; allora ci sarà spazio per nuove realtà, anche al di fuori degli assetti editoriali di adesso.
Non accorgersi che tutto ripartirà da posizioni eguali, per chi pensa ancora di poter contare su quanto gli appartiene, darà altri e ampi margini ai nuovi interpreti del rovesciamento di prospettive che deriva dalla molteplicità delle linee che scorreranno, intersecandosi, i sensi e le vie attraverso le quali l'informazione interagirà in uno scambio illimitato, come lo è il numero di link sul web.
Alfio Maria Fiamingo
pubblicato su http://alfiofiamingo.blogspot.com il 15 e il 29 dicembre 2008
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