giovedì 1 gennaio 2009

Le tre grandi ragioni del Presidenzialismo

di Gabriele Cazzulini

pubblicato su www.ragionpolitica.it il 23 dicembre 2008

Come è ormai costume politico, qualunque discorso di riforma costituzionale viene interpretato come un messaggio in codice per i giochi di potere. Presidenzialismo quindi più premier o più presidente e meno parlamento. Ma con quest'algebra del potere l'Italia non va lontano. La politica non è solo potere. E' anche il governo della polis. In questo momento la polis italiana, soprattutto nelle grandi città amministrate dalla sinistra, è in crisi. Gli attacchi della corruzione, a prescindere dal chi e dal come, non fanno che consumare il legame fondamentale tra la comunità e la classe politica. Invece che fare orecchie da mercante, l'opposizione dovrebbe comprendere che l'Italia sta attraversando una fase delicatissima. L'accanimento ideologico sulla difesa della Costituzione non serve a ridare fiducia ai cittadini quando scoprono che i loro governanti non si liberano dal vizio della corruzione. Allora serve una legittimazione popolare diretta alla vetta dello Stato, che sia accompagnata da un aumento dei poteri sostanziali. L'elezione da sola non basta se poi il Quirinale, o Palazzo Chigi, restano gabbie dorate che neutralizzano qualunque iniziativa. Proprio per questo il presidenzialismo all'italiana può diventare un premierato che semplifica i rapporti tra capo dello Stato e premier, trasferendo al secondo i residui poteri politici del primo. Così il Quirinale resta il simbolo istituzionale dell'unità dello Stato mentre il premier incarna l'unità della volontà politica. Niente più confusione di ruoli. Non sarebbe neppure una riforma completamente nuova, perché traduce in norma costituzionale una realtà che già esiste nei fatti. Basta stabilire l'elezione diretta del premier collegato alla sua coalizione.
Infatti il presidenzialismo è in linea con i tempi d'oggi. La semplificazione partitica dopo le elezioni politiche dello scorso aprile ha preparato il terreno per confermare il ruolo istituzionale, oltre che politico, del premier. La coalizione compatta e basata su un unico grande partito con possibilità di alleanze locali è il baricentro per sostenere un premier che è a sua volta il riferimento degli equilibri politici in un senso attivo e propositivo, senza più timore di infrangere delicati equilibri.
Il presidenzialismo è sempre stato un tema ricorrente del dibattito politico a partire dai primi tentativi di riforma. Il dato di fatto però è un altro. Questa Costituzione non è mai stata popolare né funzionale. Non esiste neppure una data per celebrare la sua ricorrenza. Gli italiani non la conoscono, non sanno neppure quando sia entrata in vigore. Figurarsi i suoi contenuti. Questa trascuratezza o indifferenza non è un difetto di cultura civica. E' l'effetto di una pessima educazione politica da parte degli stessi partiti, che non hanno mai amato veramente questa Costituzione. Perciò non è difficile capire che la Carta del '48 non ha superato l'esame più impegnativo, quello della governabilità. Con le sue disposizioni ambigue e fumose è stata proprio una delle cause del cattivo funzionamento delle istituzioni. Né parlamentarismo né presidenzialismo, né centralismo né federalismo. La Carta costituzionale resta un perfetto ibrido. Il tempo del presidenzialismo è già arrivato da molto tempo e la sua forza è cresciuta perché colpiva nel cuore del problema, cioè nelle oligarchie di partito che paralizzavano le istituzioni.
Queste tre grandi ragioni del presidenzialismo non state degnamente comprese dalla sinistra. Non si tratta solo del gioco di ruoli tra maggioranza e opposizione. Il problema è più grave. La sinistra è rimasta incapsulata in una visione politica ormai sganciata dalla realtà. La difesa ideologica della Costituzione fa parte di un modello politico che è ancora influenzato dal primato del parlamento, dei partiti al suo interno e persino delle correnti all'interno dei partiti. E' una visione frammentata e conflittuale, incentrata sulla politica come lotta per il potere ma allo stesso tempo il potere è fine a se stesso. Poi arriva la crisi epocale, arrivano anche gli scandali giudiziari e la reazione più naturale è quella di rinchiudersi in un mondo che esiste soltanto tra le righe di una Costituzione difettosa e mai amata. Ma per risolvere questi problemi non basta la politica, ci vuole un terapeuta.
Gabriele Cazzulini
pubblicato su www.ragionpolitica.it il 23 dicembre 2008

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