giovedì 1 gennaio 2009

La crisi a Gaza, guerra contro Hamas


di Django http://icarodelleidee.blogspot.com

I raid israeliani rappresentano una reazione ai continui attacchi di Hamas, che non si sono fermati neanche durante la cosiddetta tregua. Nei giorni scorsi sono stati centinaia i Qassam e colpi di mortaio sparati dalla striscia di Gaza. Israele ha deciso che era ora di finirla. Qualsiasi azione non avente l'obiettivo di eliminare Hamas, sarebbe inutile e dannosa. Senza questo obiettivo l'attacco sarebbe veramente sproporzionato, per essere una semplice ritorsione. L'obiettivo non sarebbe degno. Ma è guerra, dolorosamente necessaria. Riprenderanno gli attacchi suicidi. La terza intifada, è dietro l'angolo. Hezbollah sembra più armato che mai. Bisogna estirpare il male alla radice. Dal 6 novembre, solo dalle brigate Ezzedin al Kassem, sono stati tirati sulle città israeliane 500 Qassam. Hamas vuole vittime civili proprie, forse più di quanto, per ora, voglia vittime civili israeliane. Ha continuato gli attacchi persino il giorno di Natale. Era stata sfiorata la strage, 150 pellegrini cristiani palestinesi si stavano dirigendo a Betlemme e si sono salvati per miracolo quando una bomba di mortaio sparata dai miliziani palestinesi è caduta sul valico di Erez, colpendo uno stabile nel quale si trovavano, ma senza scoppiare. Un razzo sparato da Gaza ha ucciso due sorelle palestinesi, per errore. A dimostrazione che i razzi che usano non sono "fuochi d'artificio", ma armi letali. Non è certa l'entità dei danni, tantissimi civili sono morti, e questa è una cosa dolorosa. Ma Hamas, da quando ha preso il controllo di Gaza, è responsabile per le sue azioni. I membri di Hamas non indossano divise, non mettono i mortai e lanciano i loro razzi lontano dalle abitazioni civili. Di fatto usano la popolazione come scudo, per poi piangere lacrime di coccodrillo ad un opinione pubblica europea compiacente. Mirano ai civili. Si danno la morte per la causa, ma non sono certo come Jan Palach, che si diede fuoco per protesta contro l'invasione della Cecoslovacchia. Da tempo la situazione era insopportabile. L'Egitto, secondo fonti riportate dal quotidiano arabo ''al Quds al Arabi'', aveva concordato una ''operazione limitata''; inoltre, il ministro degli esteri egiziano, Ahmed Abu Reit, in un discorso ufficiale ha detto di aver avvertito Hamas che se non avesse cessato il lancio di Qassam e di mortai, si sarebbe dovuto assumere le proprie responsabilità. Sembra che sia la prima volta che un rappresentante ufficiale di un paese arabo si esprima così chiaramente circa il comportamento di altri arabi. Le reazioni ufficiali dell'Egitto sono di condanna. Il periodo è più delicato che mai. Le elezioni in Israele sono imminenti, il mandato di Abu Mazen scade il 9 gennaio, Obama si insedierà il 20. Vi è una condizione di realismo da fare, generalmente bisogna fare il contrario di quello che il tuo nemico vuole. E' evidente che Hamas ha provocato, costringendo Israele a reagire. Israele ha forse sbagliato? Per quanto doveva subire? Basta leggere lo statuto di Hamas per capire che non è certo l'inazione israeliana a fermarli, anzi li incoraggia, il ritiro da Gaza non era visto come un passo verso la pace, ma come una loro vittoria. Se la reazione si fermasse lì sarebbe cadere nella trappola. Forse si aspettava una normale azione punitiva. Il suo scopo è radicalizzare il conflitto, piangere un po' e aumentare i consensi. Sarebbe stato meglio aspettare qualche giorno, inerme, che la pavida Europa dicesse "va bene, avete subito abbastanza, potete reagire, ma non troppo"? Facile dirlo quando la tua popolazione fa lo shopping natalizio e non vive nel terrore, facile quando i tuoi bambini vivono felici i giorni di festa e non temono che la morte arrivi, indiscriminatamente, dal cielo.
Django

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