di Gabriele Cazzulini pubblicato su www.ragionpolitica.it il 24 gennaio 2009
Le tanto celebrate nozze tra Fiat e Chrysler sembrano riportare il sorriso in un'economia italiana colpita duramente dalla crisi globale. Ma come era facilmente comprensibile, l'accordo tra Torino e Detroit era in buona parte un'operazione tecnica per razionalizzare i costi e quindi preservare queste storiche realtà industriali sulle due sponde dell'Atlantico. In pratica Fiat e Chrysler si scambiano circuiti produttivi e commerciali per rilanciare modelli italiani negli Usa e aprire le tecnologie italiane alle produzioni americane. Buono in sé, ma solo in tempi di prosperità. In tempi di vacche magre è come sollevare il bavero dell'impermeabile sotto al diluvio. Infatti il mercato non ha sorriso e neppure il bilancio Fiat ha fatto sorridere gli investitori. Queste manovre tra manager servono ad alleviare i dolori nei conti, ma non migliorano la salute dell'economia aziendale o il livello del benessere sociale. Niente nuove tecnologie, niente progetti per il futuro, niente sostituzione del management. E' come se una squadra di calcio che subisce ripetute sconfitte decidesse solo di cambiare i colori della sua maglia. Infatti, due giorni dopo il fiasco delle nozze Fiat-Chrysler, il governo italiano ha convocato un incontro per soccorrere il settore auto-motive.
Non sembrano in vista finanziamenti diretti, ma il segnale politico-economico è forte e chiaro. E' finita l'epoca del capitalismo oligarchico e familiare che da un lato succhiava risorse pubbliche per poi sperperarle secondo logiche pseudo-aziendali nefaste per l'azienda stessa, i lavoratori e il mercato. L'asfittico capitalismo delle grandi famiglie d'affari, dove bastava uno zero virgola qualcosa a controllare una grande azienda, si ritrova improvvisamente con le spalle al muro, di fronte al plotone d'esecuzione dell'inefficienza e dell'incapacità di innovarsi. Non c'è stato bisogno della crisi dei mutui americani per spazzare via questo capitalismo imbragato nei bizantinismi tra le satrapie finanziarie italiane. La crisi ha emesso un appello ancora più duro, perché ha dimostrato che neppure la competizione internazionale e un management addestrato a ragionare e non solo ad obbedire sono bastati per far sopravvivere i grandi marchi italiani.
E' a questo punto che interviene lo Stato, cioè il governo, per rifondare il capitalismo italiano su una base fortemente innovativa. Da un lato non si parla di nazionalizzazioni o di ingenti finanziamenti pubblici alle industrie in difficoltà. Dall'altro lato soltanto lo Stato può offrire una cornice di sinergie sia con il fronte delle istituzioni europee sia con i sindacati che nessuna impresa italiana, nemmeno Fiat, è in grado di avere. Infatti non si parla più di concertazione, come strumento rigido per conservare invece di innovare. Si parla invece di consultazioni mirate a capire i problemi reali e a proporre soluzioni. Dopo il fallimento della rifondazione comunista, che è stata la vera crisi ideologica dell'Italia, arriva la rifondazione capitalista che sorge in un nuovo modello dei rapporti tra politica, capitale e lavoro - l'abc dei regimi capitalisti.
Non è un caso che, mentre il governo apriva il confronto sull'industria automobilistica, lo stesso governo riusciva ad isolare la Cgil sulla riforma degli ammuffiti contratti di lavoro. Neppure il centrosinistra così collaterale al mondo del lavoro era riuscito a fare un passo in avanti. L'oltranzismo della Cgil è finito sotto scacco dal riformismo del governo, degli imprenditori e degli altri sindacati. E' una vittoria che andrebbe sottolineata con più vigore. Ma i suoi frutti saranno maturi soltanto nell'evolversi dei tempi e delle coscienze. Infine un altro segnale di trasformazione: durante il processo alle nuove Br gli imputati minacciano pesantemente Pietro Ichino chiamato a testimoniare in tribunale. Tanto odio è scaturito dalla coraggiosa attività legislativa di Ichino, che agli occhi di queste ultime avanguardie del comunismo armato si è macchiato dell'orrendo crimine di aver provato a riformare lo Statuto dei lavoratori. Ma questo barbaro grido di violenza delle Br risuona nel vuoto della società, della politica e del mondo del lavoro, che in questi giorni ha ricordato l'omicidio di Guido Rossa.
L'organizzazione del capitale e del lavoro sta mutando. La crisi economica ha soltanto accelerato la crisi molto più antica dei modelli alla base del capitalismo italiano. Imprese che si rapportano alla politica in modo più funzionale e senza complicati giochi di potere; sindacati meno politicizzati e più pragmatici - queste due trasformazioni sono coordinate da una politica che per la prima volta è basata su un governo forte e stabile. Anche in tempo di crisi, la potenza di questa grande trasformazione può innescare processi virtuosi, stimolando una ripresa nell'economia reale, senza attendere la ripresa dell'economia finanziaria globale. Capitale sano, lavoro produttivo, politica autorevole: la rifondazione capitalista è inscritta in questo triangolo.
L'organizzazione del capitale e del lavoro sta mutando. La crisi economica ha soltanto accelerato la crisi molto più antica dei modelli alla base del capitalismo italiano. Imprese che si rapportano alla politica in modo più funzionale e senza complicati giochi di potere; sindacati meno politicizzati e più pragmatici - queste due trasformazioni sono coordinate da una politica che per la prima volta è basata su un governo forte e stabile. Anche in tempo di crisi, la potenza di questa grande trasformazione può innescare processi virtuosi, stimolando una ripresa nell'economia reale, senza attendere la ripresa dell'economia finanziaria globale. Capitale sano, lavoro produttivo, politica autorevole: la rifondazione capitalista è inscritta in questo triangolo.
Gabriele Cazzulini
pubblicato su www.ragionpolitica.it
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