di Gabriele Cazzulini pubblicato su www.ragionpolitica.it
Le crisi economiche non sono mai raffreddori di stagione. I loro danni non colpiscono soltanto il portafogli, perché si abbattono sugli animi spargendo disperazione personale e sfiducia pubblica. La paura diventa così la reazione più naturale che l'istinto di sopravvivenza scatena come difesa di fronte ad una minaccia così drammatica. Ma in situazioni estreme si temprano gli animi spolverando gli strati superflui. Quello che può apparire un anti-conformistico ottimismo, che stona con i musi lunghi fissati davanti agli indici di borsa, è una presa di coscienza della realtà. Nei contesti più seri, come quello americano, si passa qualche anno stringendo la cinghia, magari conservando in un luogo protetto la carta di credito. Poi si riparte, strisciata dopo strisciata, a usare con gioia il credito facile. E' detta in maniera un po' rozza, ma gli americani vivono con questo stile.
Invece noi europei reagiamo in due tempi. Subito prevale l'attacco al vetriolo contro l'America e il suo perfido capitalismo che sfrutta il mondo intero per consentire agli americani di comprare case con mutui allegri. Poi arriva il secondo tempo. E' il momento in cui si scopre che anche le solidissime casseforti europee sono tarlate e iniziano a scricchiolare sopra alla testa dei politici. Quindi scatta la metafisica, con sbandamenti nella filosofia morale, nella scienza politica, nel diritto e in ogni altra branca del sapere. Si tengono comizi improvvisati sui rapporti tra Stato e mercato, per maledire il libero mercato e osannare lo Stato. I banchieri diventano attori dell'assurdo che recitano la parte insostenibile di chi vuole rassicurare con un naso lungo come quello di Pinocchio. E poi i giornali che surriscaldano gli animi dei lettori senza aiutare a capire - bisogna vendere. Infine il popolino che, infatti, più passa il tempo e meno ci capisce e, per una volta tanto, non sarà il primo a pagare il conto.
Il destino adora l'ironia. Se la trattativa su Alitalia fosse arrivata in questo tempo, oppure la crisi avesse anticipato il suo sfogo, avrei voluto vedere negli occhi le facce di quel personale di Alitalia che si esibiva nei sit-in e nelle proteste per difendere la quindicesima. Sarebbe stato uno spettacolo grottesco e irreale, ma forse ci avrebbe risparmiato di assistere a quelle misere esibizioni del sindacalismo scaduto. Se questa crisi fosse arrivata prima, anche Prodi sarebbe caduto prima. Il rumore sulla riforma della giustizia nella scorsa estate si sarebbe zittito; così come Calciopoli, lo scandalo di Sircana e di Corona, e tante altre quisquiglie gonfiate ad arte per intrattenere le famiglie davanti al televisore.
Le crisi economiche non sono mai raffreddori di stagione. I loro danni non colpiscono soltanto il portafogli, perché si abbattono sugli animi spargendo disperazione personale e sfiducia pubblica. La paura diventa così la reazione più naturale che l'istinto di sopravvivenza scatena come difesa di fronte ad una minaccia così drammatica. Ma in situazioni estreme si temprano gli animi spolverando gli strati superflui. Quello che può apparire un anti-conformistico ottimismo, che stona con i musi lunghi fissati davanti agli indici di borsa, è una presa di coscienza della realtà. Nei contesti più seri, come quello americano, si passa qualche anno stringendo la cinghia, magari conservando in un luogo protetto la carta di credito. Poi si riparte, strisciata dopo strisciata, a usare con gioia il credito facile. E' detta in maniera un po' rozza, ma gli americani vivono con questo stile.
Invece noi europei reagiamo in due tempi. Subito prevale l'attacco al vetriolo contro l'America e il suo perfido capitalismo che sfrutta il mondo intero per consentire agli americani di comprare case con mutui allegri. Poi arriva il secondo tempo. E' il momento in cui si scopre che anche le solidissime casseforti europee sono tarlate e iniziano a scricchiolare sopra alla testa dei politici. Quindi scatta la metafisica, con sbandamenti nella filosofia morale, nella scienza politica, nel diritto e in ogni altra branca del sapere. Si tengono comizi improvvisati sui rapporti tra Stato e mercato, per maledire il libero mercato e osannare lo Stato. I banchieri diventano attori dell'assurdo che recitano la parte insostenibile di chi vuole rassicurare con un naso lungo come quello di Pinocchio. E poi i giornali che surriscaldano gli animi dei lettori senza aiutare a capire - bisogna vendere. Infine il popolino che, infatti, più passa il tempo e meno ci capisce e, per una volta tanto, non sarà il primo a pagare il conto.
Il destino adora l'ironia. Se la trattativa su Alitalia fosse arrivata in questo tempo, oppure la crisi avesse anticipato il suo sfogo, avrei voluto vedere negli occhi le facce di quel personale di Alitalia che si esibiva nei sit-in e nelle proteste per difendere la quindicesima. Sarebbe stato uno spettacolo grottesco e irreale, ma forse ci avrebbe risparmiato di assistere a quelle misere esibizioni del sindacalismo scaduto. Se questa crisi fosse arrivata prima, anche Prodi sarebbe caduto prima. Il rumore sulla riforma della giustizia nella scorsa estate si sarebbe zittito; così come Calciopoli, lo scandalo di Sircana e di Corona, e tante altre quisquiglie gonfiate ad arte per intrattenere le famiglie davanti al televisore.
Le crisi fanno scoprire la fragilità di queste realtà granulose, spazzate via al primo alito di vento.
Una certa Italia ha moltissimo da imparare. Gli interessi delle corporazioni, del sottobosco politico, dei salotti chiusi dell'alta finanza, dei giochi di potere per fare la fortuna di qualche speculatore che per un giorno s'illude, e illude, di essere un capitano d'industria, come quei furbetti romani. In questi momenti così critici si scopre che, a differenza della propaganda ideologica dominante, la storia non è una palla in mano a fanciulli. La forza dell'Italia oggi è la forza del suo governo e prima ancora la forza di un governo stabile mai come prima. Per noi è fantascienza, mentre fuori dai confini è la normalità. Cari indici di borsa, potete farci venire il cardiopalma, ma mai scalfire la solidità di una politica uscita dallo stato di minorità in cui giaceva sotto alla bandiera rossa. Tante cose cambieranno. Ma non tutte. Nemmeno con questa crisi la sinistra desiste dal suo ringhio contro Berlusconi. Come dice la pubblicità di una nota carta di credito, guarda caso, ci sono cose che non si possono comprare - ma neppure cambiare.
Una certa Italia ha moltissimo da imparare. Gli interessi delle corporazioni, del sottobosco politico, dei salotti chiusi dell'alta finanza, dei giochi di potere per fare la fortuna di qualche speculatore che per un giorno s'illude, e illude, di essere un capitano d'industria, come quei furbetti romani. In questi momenti così critici si scopre che, a differenza della propaganda ideologica dominante, la storia non è una palla in mano a fanciulli. La forza dell'Italia oggi è la forza del suo governo e prima ancora la forza di un governo stabile mai come prima. Per noi è fantascienza, mentre fuori dai confini è la normalità. Cari indici di borsa, potete farci venire il cardiopalma, ma mai scalfire la solidità di una politica uscita dallo stato di minorità in cui giaceva sotto alla bandiera rossa. Tante cose cambieranno. Ma non tutte. Nemmeno con questa crisi la sinistra desiste dal suo ringhio contro Berlusconi. Come dice la pubblicità di una nota carta di credito, guarda caso, ci sono cose che non si possono comprare - ma neppure cambiare.
Gabriele Cazzulini
pubblicato su www.ragionpolitica.it
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